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Dalla musica nasce l’arte: la mostra di Ernesto Jannini alla Galleria Arrivada di Milano
Mostre
La mostra personale di Ernesto Jannini, curata da Roberto Borghi, con uno scritto di Renato Barilli nella galleria Arrivada di Milano, visitabile fino al 30 aprile 2025, offre una buona sintesi degli sviluppi del suo lavoro da un po’ di anni a questa parte. All’interno della mostra, centrale è il piano Gran coda, un pianoforte che gli appassionati di musica classica, in particolare, conoscono bene. È lo strumento che nella sua dimensione considerevole esalta al massimo le qualità pianistiche. L’artista propone un particolare disegno dell’interno del piano, là dove di solito si trovano la tastiera e la meccanica sonora con le corde. Le linee sono incise su una lamina di plex: partono dal pentagramma di un Notturno di Chopin e mutano nella forma di spermatozoi che si orientano verso le ovaie; a questo si aggiunge una serie di forme che riguardano elementi e ritmi dell’universo in una evocazione della vita improntata alla fecondazione.

Il rapporto con la musica e l’utilizzo di strumenti musicali non sono una novità per Jannini. C’è il precedente di Embryo, una chitarra classica sui generis da lui inventata, a forma di embrione, da cui il nome che, anche in questo caso, rimanda allo sviluppo di forme di vita, suonata dall’artista varie volte in pubblico, in performance agite con la sua voce e dove determinante è la parola.

Anche opere bidimensionali che fanno parte della mostra sono caratterizzate da una logica in cui le manifestazioni vitali sono alla base, con gli stadi primari della morfogenesi. Infatti ricorre la forma dell’uovo. Si tratta di strutture caratterizzate da una ibridazione, in una sorta di unione fra linee geometriche e componenti elettriche, unione in alcuni casi non priva di volumetria.

Ernesto Jannini ha fatto ingresso nel mondo dell’arte attraverso una porta che oggi si può considerare particolare ma che, quando è avvenuto, era, se non usuale, almeno nello spirito del tempo. Erano gli anni Settanta e, in una tendenza a espandere le pratiche artistiche oltre gli ambiti convenzionali fissati dalla tradizione, Jannini agiva fra teatro, arti visive e dimensione urbana dell’incontro sociale. Operava da Napoli, formatosi nella locale Accademia di belle arti, ha fatto parte del Libera Scena Ensemble di Gennaro Vitiello, è stato cofondatore e componente del Gruppo degli Ambulanti, invitato alla Biennale di Venezia nel 1976 da Enrico Crispolti, è stato in relazione con Riccardo Dalisi che proprio a Napoli era attivo con i suoi interventi nel Rione Traiano.
Tutte quelle esperienze in Jannini hanno sviluppato delle attitudini che si sono conservate e riaffiorano nella pratica artistica successiva, fino a oggi. Vi è attenzione a quello che possiamo considerare un ecosistema, di cui l’umano è una componente in cui rientra l’azione artistica. L’azione sociale di un tempo si è trasformata in azione frutto di una visione complessiva, ambientale in senso ampio, ideale. In questa prospettiva l’artista opera nelle arti visive in una zona limite tra oggetto, installazione, performance.