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«Cosa non si fa per l’arte! Ma finirà mai questa ossessione di contemplare sempre nuove opere man mano che sono scoperte per capirne i segreti» – si chiede Gian Enzo Sperone nella sua introduzione al catalogo dell’ultima mostra della Galleria Carlo Orsi. Le opere in questione offrono un viaggio tra Fiandre e Italia, tra Quattro e Cinquecento, con una preziosa selezione di nomi che va da Donato de’ Bardi al Bergognone, da due tavole recentemente scoperte del pittore lombardo Zanetto a un’opera di Antonio da Viterbo appartenuta ai principi del Drago a Roma, fino a tre miniature in tempera e oro su pergamena attribuite al Maestro del Salomone Wildenstein. Il filo rosso comune? Una particolare, ed estremamente diversificata, attenzione all’arte fiamminga.
Si intitola Solo una questione di luce. L’Italia e il fascino delle Fiandre tra Quattro e Cinquecento la mostra a cura di Mauro Natale, ed è visitabile fino al 31 gennaio in Via Bagutta 14, a Milano. I protagonisti del percorso espositivo sono veri capolavori: come nel caso della Presentazione di Gesù al Tempio di Donato de’ Bardi, «un’opera cardine della pittura italiana della prima metà del Quattrocento», spiegano dalla galleria, «ed è l’elemento centrale della magistrale restituzione della personalità artistica di Donato de’ Bardi compiuta da Federico Zeri nel 1973 e nel 1976».

(documentato a Pavia, Genova e Savona dal 1402 al 1450/1451)
Presentazione di Gesù al Tempio
Tavola, 87,1 x 70 cm
Importante anche la Resurrezione di Cristo del Bergognone (1453 circa – 1523), in perfetto stato di conservazione ed esposta al pubblico per l’ultima volta nel 1998. «È centrale nella ricostruzione della fase tarda della carriera del Bergognone», spiegano ancora dalla galleria. «Il dipinto è noto agli studi fin dalla fine dell’Ottocento, ma solo gli studi più recenti sono stati in grado di identificare la tavola come l’elemento centrale dell’ordine superiore di un grande polittico su due registri eseguito da Bergognone per la chiesa dei Santi Stefano e Domenico a Bergamo nel secondo decennio del Cinquecento, in quella che fu probabilmente una delle ultime grandi commissioni pubbliche dell’artista».
Di Zanetto Bugatto, pittore di corte degli Sforza per una ventina d’anni, Carlo Orsi mette in mostra due tavole provenienti dallo stesso polittico e scoperte in anni recentissimi: la prima raffigura San Paolo a mezza figura di tre quarti, su fondo oro punzonato, che tiene la spada con la mano destra e un libro con la sinistra; la seconda, invece, rappresenta San Pietro su fondo oro punzonato con aureola resa in modo prospettico, qui lo vediamo con il tradizionale attributo delle chiavi e un libro retto con entrambi le mani.
Interessanti poi anche tre Iniziali del Maestro del Salomone Wildenstein, «identificato con non poche perplessità», spiegano dalla galleria, «con la figura di Protasio Crivelli, apprendista miniatore presso il milanese Marco d’Oggiono secondo un’ipotesi trasmessa di Teresa D’Urso, che notava una forte parentela stilistica tra queste miniature e la pala del Museo di Capodimonte a Napoli firmata nel 1498 da Crivelli». Mentre di Antonio da Viterbo, da collocare nel terzo quarto del XV sec, Carlo Orsi presenta la tavola I quattro dottori della Chiesa, ovvero Gregorio Magno, i vescovi Agostino e Ambrogio, e per finire San Girolamo, in vesti cardinalizie. La mostra è aperta al pubblico fino a fine gennaio.