06 febbraio 2025

PIETRO inaugura AFTERIMAGE, un progetto monografico di Jacopo Mazzonelli

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Bologna è una regola, cantava qualcuno, e l’Art City non è da meno: PIETRO ha inaugurato ieri sera AFTERIMAGE, la mostra di Jacopo Mazzonelli, in collaborazione con Galleria Studio G7, che proseguirà fino al 29 marzo articolandosi nello spazio e facendosi persistenza del suono nel tempo

Jacopo Mazzonelli, AFTERIMAGE, 2025. PIETRO, Bologna. Ph. Francesco Rucci. Courtesy l'artista e Galleria Studio G7

An image of something that you seem to see when you are no longer looking at it or when it is no longer there: letteralmente, un’immagine di qualcosa che ci sembra di vedere quando non la si guarda più o quando non c’è più. Questa è la definizione più comune del termine afterimage, che Jacopo Mazzonelli sceglie come titolo della mostra da PIETRO, in collaborazione con Galleria Studio G7, in cui condensa tutto ciò che è caro alla sua ricerca: lo spazio del suono, l’esplorazione visiva e gestuale, il flusso del tempo e della memoria, insieme – appunto – al fenomeno visivo per cui un’immagine si protrae oltre la sua fonte. 

Oltre la comune definizione, scopriamo nello spazio che anche due custodie di violino sezionate a metà e ricoperte da velluto nero – «è la mia risposta al vantablack», strizza sagacemente l’occhio Mazzonelli – possono rispondere al termine di afterimage: osservandole viene da ricordare che «Ciò che si oppone converge, e dai discordanti [sorge] bellissima armonia», come sosteneva un sempre attuale Eraclito. Tra loro «si generano tensione e magnetismo» – specifica Niccolò Giacomazzi, autore del testo curatoriale che accompagna la mostra – tali da rendere dubbia la piena riflessione sulla realtà. Sono due o erano una? Il tema del doppio si sa, è una fantasia primigenia dell’uomo, connessa ai suoi interrogativi, come se esso stesso fosse uno specchio che risponde diversamente in relazione al variare dei tempi. 

Jacopo Mazzonelli, AFTERIMAGE, 2025. PIETRO, Bologna. Ph. Francesco Rucci. Courtesy l’artista e Galleria Studio G7

Tant’è che «L’ispirazione della mostra – racconta Jacopo – nasce dal fatto che all’interno di PIETRO (dentro il quale è conservata una magnifica cappella votiva) due ambienti si sviluppano in due direzioni diverse, una che sale e una che scende, che mi hanno accompagnato a lavorare sul tema del doppio». E allora, nella sala che si sviluppa verso il basso Mazzonelli presenta la distopica e ironica INTRVL: due valige di macchine da scrivere i cui schermi sono stati realizzati in velluto, rispettivamente uno rosso e uno verde. Un temporizzatore a due canali regola il ritmo di alternanza o concomitanza dei simboli “rec” (sulla rossa) e “play” (sulla verde) lasciando intuire una performatività oggettuale possibile: «l’idea è quella di avere due oggetti performativi che possiamo portare con noi e che si riferiscono alla percezione, diversa da quella dei secoli passati, del tempo attuale, che è manipolato, registrato e riprodotto anche in maniera fagocitata e fagocitante». Il dilemma qui non è se siano due o sia una – lo sappiamo. Il dilemma è: se non sappiamo quando appare un simbolo, quando ne appaiono due o quando non ne appare neanche uno, come fossero due partiture che scorrono, che fare? Registriamo o viviamo?

Jacopo Mazzonelli, AFTERIMAGE, 2025. PIETRO, Bologna. Ph. Francesco Rucci. Courtesy l’artista e Galleria Studio G7

Mazzonelli si conferma ben capace a creare, con la sua pratica scultorea, un senso della misura che fa della scena uno spazio riflessivo vicino al quotidiano e distante del mito – dove la distanza è fondamentale per potersi meravigliare. Come di fatto accade osservando Leopold Stokowski (Dido’s Lament) nel particolare momento in cui dirige se stesso di fronte a uno specchio. Un ritardo di cinque secondi tra la figura del direttore e il suo riflesso scatena l’impressione che egli stia insegnando a sé dei movimenti che a sua volta ripete. «Il focus è interamente sulle mani – spiega Mazzonelli – così espressive che sembrano spostare non l’aria ma una materia quasi plastica. C’è qualcosa che trascende: l’analisi del gesto musicale, scevro della parte sonora, diventa altro. Sembra un prestigiatore, sembra una danza».

Una danza che investe e trascina lontano, come investiti e trascinati siamo ancora di più al centro di Binaural, l’opera che trasforma l’ex cappella (l’ambiente che si sviluppa verso l’alto) in un’esperienza sensoriale immersiva. Due strutture sorreggono delle capsule per cuffie, originale degli anni ’30 del ‘900, al centro delle quali siamo invitati a posizionarci e a smarrisci in un countdown eterno, senza fine, pronunciato da una voce artificiale che è stata processata e rallentata molte volte. Jacopo ha così voluto fare un lavoro sulla spazializzazione del suono e del tempo, ogni numero che sentiamo, da 10 a 1, si trova esattamente nella posizione che occupa nello spazio dell’orologio. Perdiamo l’orientamento ma solo apparentemente, perché è sempre Jacopo che con un virtuosismo stupefacente riesce a trasformare quella stessa l’andamento ondivago in una retta impeccabile, come AFTERIMAGE è un intreccio perfetto che riempie e libera lo spazio. Come «un silenzio che abita l’eco».

Jacopo Mazzonelli, AFTERIMAGE, 2025. PIETRO, Bologna. Ph. Francesco Rucci. Courtesy l’artista e Galleria Studio G7

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