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Tradizione tessile sarda e ricerca contemporanea, negli arazzi di Paulina Herrera Letelier
Mostre
di Marta Melis
Fino al 2 giugno 2025, il Museo Etnografico Regionale Collezione Luigi Cocco, sede cagliaritana del polo museale dell’ISRE – Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro, espone a Cagliari i tappeti e gli arazzi del progetto PHAROS, dell’artista Paulina Herrera Letelier. Si tratta di opere realizzate in collaborazione col prestigioso laboratorio Mariantonia Urru di Samugheo, presentate nella mostra curata dal Direttore del Polo Museale dell’ISRE, Efisio Carbone. L’esposizione si pone come secondo capitolo del più ampio progetto HANGING – SOSPESI, interessato a mettere in comunicazione le ricerche della manifattura tessile contemporanea con la collezione permanente del museo: un ciclo espositivo nato grazie alla volontà del Presidente dell’ISRE Stefano Lavra e attuato grazie al Direttore Generale Marcello Mele.
Dopo gli arazzi di Ruben Montini nella mostra Cosa resta di noi, Cosa resterà di me, i tappeti di Paulina Herrera Letelier (Santiago de Cile, 1978) rinnovano la volontà del Museo Etnografico non solo di registrare e preservare la cultura sarda del passato ma, soprattutto, di studiare le sue trasformazioni e contaminazioni nel presente. Il laboratorio Mariantonia Urru a Samugheo intrattiene da tempo fruttuose collaborazioni con artisti e designer per traghettare nella contemporaneità le antiche tradizioni tessili, come la tecnica detta “a pibiones”, protagonista delle opere esposte e ideate da Herrera Letelier.

Il progetto PHAROS traduce in oggetti tessili i nomi dei diversi fari delle coste isolane: ogni nome delle lanterne marittime è un codice che ne definisce la posizione rispetto al mare e alla costa, nonché la frequenza dei segnali luminosi. I fari si trasformano così in un segnale ritmico, rielaborato dall’artista in un disegno grafico per i tappeti in lana sarda. L’ammirazione dell’artista per questi discreti e fondamentali elementi del territorio deriva dall’osservazione della loro coesistenza con l’ambiente circostante: i fari sono architetture silenziose e solitarie, il cui inquinamento luminoso e acustico è minimo per gli abitanti delle zone vicine ma la cui funzione è essenziale per i naviganti. Come afferma il curatore Efisio Carbone, «Herrera Letelier non va cercando la poesia sulla superficie delle cose, ma la trova nella matematica che sottende l’oggetto», con un metodo che pone in primo piano lo studio, la ricerca approfondita e meticolosa, dove l’opera è solo uno dei risultanti finali di un processo estremamente ampio e analitico.

Così i segnali dei vicini fari di Tavolara e Capo Ceraso si compenetrano giacché le pulsazioni luminose di entrambi possono essere osservate nel medesimo istante; i tratti del faro di Capo Testa sembrano mossi dal vento delle Bocche di Bonifacio, nella tenebrosa notte di uno scuro tappeto; il faro di Mangiabarche, a sud dell’isola, è anche a sud della composizione tessile che esalta il colore naturale della lana, come anche Sabbia che, spostandosi dal tema dei fari, esalta i motivi naturali dei fondali e delle coste arenarie.
Con PHAROS e col progetto HANGING – SOSPESI, il Museo Etnografico Regionale Collezione Luigi Cocco sintetizza il ricco patrimonio di conoscenze della comunità sarda che, consapevole del valore delle proprie tradizioni manifatturiere, le rinnova nel continuo dialogo tra design e artigianato, tra tecnica antica e progetti innovativi, dove la preservazione del passato passa per il suo impiego nel presente e nel futuro.