10 gennaio 2022

Musei e colonialismo: anche l’Austria istituisce una commissione per le restituzioni

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Dopo il caso del Belgio, anche l’Austria istituirà una commissione apposita per valutare le richieste di restituzione dei manufatti e dei reperti acquisiti durante l’epoca coloniale

© KHM-Museumsverband

Dopo il Belgio, anche l’Austria ha dichiarato di avere in programma di istituire una commissione per valutare le richieste di restituzioni dei manufatti acquisiti in maniera illegale o poco chiara durante l’epoca coloniale. A dare l’annuncio, in attesa di altri dettagli, il Ministero della Cultura austriaco. Le collezioni più ampie potenzialmente incriminate sono conservate al Naturhistorisches Museum di Vienna e al Weltmuseum, che fa anche parte del Benin Dialogue Group, istituito per discutere il futuro dei bronzi del Benin nelle collezioni occidentali.

In particolare negli ultimi mesi, diversi musei si sono impegnati ad andare a fondo nel processo di restituzione dei reperti trafugati dall’antico regno del Benin, corrispondente all’attuale Nigeria, da parte dalle truppe britanniche, a partire dal 1897. I manufatti sono poi stati dispersi tra varie istituzioni europee, con molti dei pezzi più importanti finiti al British Museum di Londra. Il Museo Etnologico di Berlino possiede circa 530 oggetti del gruppo, mentre il Museum am Rothenbaum di Amburgo ha recentemente avviato Digital Benin, un archivio virtuale per catalogare 5mila opere razziate dall’ex Regno dell’Africa occidentale. Nell’ottobre 2021, la Germania e lo Stato africano hanno firmato un accordo che fissa un calendario per la restituzione di circa 1100 reperti dai musei tedeschi, a partire da quelli esposti nel nuovo Humboldt Forum di Berlino. Nel 2025, poi, aprirà a Benin City l’EMOWAA – Edo Museum of West African Art, progettato dall’archistar David Adjaye.

Nonostante il glorioso appellativo di Impero – austriaco prima e austro-ungarico poi – l’Austria non è stata una potenza coloniale di primo piano, almeno non nel senso in cui lo furono Paesi come l’Olanda, la Gran Bretagna e il Belgio. Tentativi furono fatti, per esempio, con la colonizzazione delle Isole Nicobare, tra la Birmania, l’India e l’Indonesia, e poi con la Compagnia austriaca delle Indie Orientali, ma con risultati piuttosto modesti. Nonostante i pochi frutti, nel 1885 l’Austria-Ungheria partecipò assieme alle altre grandi potenze coloniali alla Conferenza di Berlino, volta a disciplinare le politiche commerciali verso l’Africa tra le nazioni d’Europa.

Dunque, sebbene non in prima linea, anche l’Austria approfittò di accordi commerciali vantaggiosi e mercanti ed esploratori austriaci acquisirono svariati beni dalle popolazioni locali. Il Weltmuseum, ad esempio, sta studiando la storia dell’acquisizione di una collezione di manufatti dell’Africa orientale assemblata tra il 1884 e il 1885 da Emmerich Billitzer, un medico navale austriaco. Lo stesso museo viennese possiede in collezione un leggendario copricapo azteco, il cui prestito al Messico, pur se in via temporanea, è stato però sempre negato. Conosciuto come “penacho”, il copricapo compare menzionato per la prima volta in un inventario dell’arciduca Ferdinando II del Tirolo, appassionato collezionista, nel 1596. Alla fine del XIX secolo fu trasportato a Vienna, dove oggi rappresenta una grande attrazione. Molti ritengono che possa essere appartenuto all’imperatore azteco Montezuma. Nel 2021, nell’ambito del 500mo anniversario della conquista dell’Impero Azteco da parte della corona spagnola, il Messico avanzò una nuova richiesta di prestito, negata a causa della fragilità del reperto. Corsi e ricorsi del colonialismo.

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