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Per vendere l’arte basta un social. Certo, devi anche avere i giusti follower. E sicuramente non mancano collezionisti tra i seguaci di Brett Gorvy, licenziatosi di fresco da Christie’s, che qualche giorno fa, prima di salire su un aereo ha postato una foto di un Basquiat sul suo profilo Instagram.
16 ore più tardi, giunto a destinazione, ha acceso il suo telefono, trovando messaggi di tre clienti interessati all’acquisto del dipinto. Uno di questi ha immediatamente fatto un’offerta per la tela del 1982. L’accordo è stato completato due giorni più tardi per circa 24 milioni di dollari, più del triplo rispetto 7,3 milioni che il lavoro aveva recuperato all’asta nel 2007.
Tutti sono in cerca di informazioni esclusive, e i social media in questo sono la chiave per il successo. Il lato negativo è che le vendite sui social non possono essere tracciate, l’opacità di queste transazione va a sommarsi alle molte vendite private nascoste, legate al riciclo di denaro, che affliggono il mercato dell’arte, e che dovrebbero essere combattute, non alimentate.