09 giugno 2025

L’arte di Miho Tanaka abita in ciò che resta ai margini: la mostra a Napoli

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Negli spazi della Andrea Nuovo Home Gallery di Napoli, l’artista giapponese Miho Tanaka lascia dispiegare frammenti e ritrovamenti che abitano silenziosamente ai margini del frastuono

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

Dove giace un minuscolo ritaglio di luogo, è custodito, per intero, il luogo stesso: è questo il rimando che può svelarsi da un breve innesco, da una scheggia di suono capace di richiamare alla mente un’unità potenziale delle cose che rivive in ogni cucitura, ogni sottile dislivello che si può sentire affilando le dita sui bordi del tavolo di casa, tra le pieghe di ciò che non significa mai, eppure è vissuto sempre. È sul registro di questi brevi avanzi di memoria, dispersi e ritrovati, che l’artista giapponese Miho Tanaka (Yamanashi, 1998) compone le opere esposte nella sua prima personale a Napoli da Andrea Nuovo Home Gallery con Into the Din, a cura di Marta Ferrara, in mostra fino al 23 luglio 2025.

Allontanandosi dalla propria terra, Miho Tanaka riscopre le sottili striature dell’inosservato, attraverso un viaggio che l’ha condotta dal Giappone fino a Napoli, una città «Molto distante da una precisione e da un ordine da cui sembra quasi essere fuggita», scrive la curatrice Marta Ferrara. Ma il frastuono e la densità degli angoli cittadini non hanno ridotto l’attenzione dell’artista nei confronti di ciò che, in genere, il rumore porta via con sé.

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

Miho Tanaka non scruta dall’alto e non inombra i minuscoli frammenti ma respira discretamente tra essi, come a imitarne il silenzio. Questi, però, appaiono muti solo a chi non osa perforare la superficie del flusso: una baraonda di forme indistinguibili ai più che l’artista, invece, riesce a far affiorare, liberando la voce dell’inorganico.

Ad accogliere i visitatori vi è l’installazione temporanea Untie (2025), composta da numerosi coriandoli in terracotta bianca. L’invito è quello di staccarne uno e portarlo via con sé, restituendo su un foglietto di carta un pensiero o un desiderio. La tradizione a cui si lega questo processo è quella dell’omikuji, gli oracoli scritti sui bigliettini, che secondo la tradizione giapponese, si annodavano ai rami degli alberi quando le predizioni non erano favorevoli.

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

Questa prima tappa acquisisce un ulteriore livello di lettura se considerata come un’installazione che è tanto partecipativa, quanto pedagogica: un insegnamento fondamentale per educare alla premura verso un oggetto fragile, minuto e spoglio di colore, che non dispensa solo fortuna ma necessita di cura. Un simile presupposto permette di ridimensionare la propria umana statura — smisurata in relazione agli abitanti di questo micromondo — per comprendere a pieno una materia marginale, sgraziata, che ha fatto il proprio dovere d’uso e consumo ed è stata, finora, dimenticata. Così, l’artista, nel corso delle sue «Passeggiate», raccoglie queste imprecisioni scartate dal quotidiano e le unisce ai materiali più o meno consueti della pratica scultorea.

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

Lo spessore poetico dei margini si avverte a ogni passo; muoversi appare come un continuo decentramento che si ripete dall’allestimento alla serie Westscapes. One side (2024-2025), dove le tele — non così bianche da apparire vuote, ma quanto basta per connotarsi — ritraggono quegli stessi modelli fortuiti, che sono corpi di ceramica, involontari e incontrati per caso. Nulla occupa il centro, eppure non vi è solitudine in quelle periferie di colore. Manifestazioni collettive, vive, poste in schieramenti quasi semicircolari: tutti si fanno da parte e lasciano quel terroso e discreto campo vuoto riempire il primo piano.

Va osservato, inoltre, come la delicata tessitura espositiva rafforzi ulteriormente quella componente dialogica che anima tanto le pagine del testo critico — come sottolineato da una preziosa annotazione — quanto lo spazio della galleria, dove la curatrice Marta Ferrara e l’artista intrecciano le proprie voci in un confronto tra critica e pratica. Una conversazione, dunque, che attraversa anche la curvatura dello spazio espositivo, non scandita da rigide polarità, ma dispiegata come un racconto condiviso. Proseguendo, si può osservare come alcuni tra i frammenti ritratti in acrilico siano proprio lì, nella serie dei Westscapes, incastonati nelle pietre dure come a segnare i percorsi di mappe mai esistite finora. Ancora, posti ai margini, quasi in bilico, come in Westscape n.33.

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

Nella serie About Objects l’artista aggiunge altra materia al pesante marmo, al fitto basalto e alla ruvida terracotta ma questi sembrano alleggerirsi. Da pietra perenne, grigia, solida e imperativa, il marmo diviene innocuo in About Objects, column, quasi privo di scopo. Un morbido relitto che spiazza chi osserva: si assiste all’improbabile circostanza in cui il cotone sembra essersi spaccato in più pezzi. Suggestioni che concorrono, in un modo o nell’altro, ad accentuare sensazioni limitrofe ma possibili, che muovono la soglia tra l’incomprensibile inarrestabile e lo «Stare dentro il rumore senza farsene travolgere», sfiorando con l’ascolto i dettagli dell’affollato abisso sonoro.

Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025
Miho Tanaka, Into the din, veduta della mostra, Andrea Nuovo Home Gallery, Napoli, 2025

La stessa serie, con About Objects Vase (2025), abita il pacifico giardino che chiude il percorso della galleria, mentre About Object Amphora (2025) pende, nuovamente, in solitaria asimmetria su un solo lato dello spazio. Qui i frammenti di terracotta pulsano come spettri acromi che non infestano ma coesistono; brillano di bianco acido e sembra domandino di essere visti tra l’infinità di altri uguali.

Con Into the Din, l’inanimato di quella materia, che abita i musei solo quando “classica” e “illustre”, sembra parlarci più che mai. Perché, forse, stridere ai margini e inascoltati, divincolarsi nel coro dei neutri per non restare orfani della memoria, emette un suono che somiglia alla peculiare solitudine della nostra stessa e umana voce.

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