28 maggio 2022

Passioni surrealiste, da Venezia a Berlino

di

Il mondo onirico e magico del Surrealismo in due mostre: alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia e al Barberini Museum di Potsdam, in Germania

Leonora Carrington, La cucina aromatica di Nonna Moorhead, 197, Charles B. Goddard Center for VisualPerforming Arts, Ardmore, Oklahoma

Quanto più i tempi sono bui tanto più i sogni e magia hanno un potere attrattivo. Se si aggiunge il rifiuto della razionalità, un tocco di occulto, un richiamo a miti e a ovidiane metamorfosi, più una buona dose di anticonformismo, si può avere un’idea di cosa passasse per la testa dei surrealisti. “Il surrealismo quale io lo concepisco, dichiara abbastanza il nostro non conformismo”, scriveva André Breton nel 1924, nel Manifesto del Surrealismo. Nell’air du temps di quegli anni aleggiavano molte altre cose, dalle memorie drammatiche della Prima Guerra Mondiale alle teorie freudiane nelle quali Breton trovava corrispondenze, ma anche l’automatismo psichico, già praticato in una certa forma dai dadaisti come Hans Arp e ora sviluppato, applicato alla scrittura e adattato all’arte, per liberare l’immaginazione oltre ogni limite. L’adesione al movimento letterario e artistico coinvolse una folta schiera di intellettuali.

Paul Delvaux, Il richiamo della notte, 1938, Galleria Nazionale di Scozia, Edimburgo

Breton tuonava: “Il surrealismo non permette a chi vi sia ricorso, di lasciarlo quando gli piaccia”. Un’affermazione in qualche modo veritiera se si pensa che questo movimento è considerato il più longevo tra le avanguardie del ’900, ricco di complesse sfumature e interpretazioni e fonte di ispirazione per le generazioni successive. È proprio il mondo onirico, magico ed esoterico dei surrealisti il focus della mostra (la prima dedicata a questo aspetto) organizzata dalla Collezione Guggenheim di Venezia, a cura di Gražina Subelytė. “In Surrealismo e magia. La realtà incantata” lo spunto parte dal superbo corpus di opere surrealiste della collezione. Ne sono state scelte alcune tra le più iconiche (altre sono visibili nel percorso museale) accompagnate da quelle prestate da quaranta prestigiosi musei e collezioni internazionali. Oltre venti artisti in tutto e sessanta capolavori esposti, in un allestimento che si snoda cronologicamente. Dalla pittura metafisica di Giorgio De Chirico, del 1915, alle ultime opere di Leonora Carrington (la più longeva dei surrealisti degli anni Trenta, scomparsa a 94 anni nel 2011, a Città del Messico) e Remedios Varo.

Leonora Carrington, Ritratti di Max Ernst, 1939, Galleria Nazionale di Scozia, Edimburgo

Tra le altre lady presenti, spiccano anche Leonor Fini, Dorothea Tanning e Kay Sage, mentre un posto a parte è dedicato alla regista sperimentale Maya Deren, autrice del corto, incompiuto, La culla della strega, del 1943. Un nucleo al femminile di viene messo in risalto il ruolo centrale, l’importante contributo al Surrealismo e l’autonomia rispetto ai colleghi maschi. In perfetta sintonia, si osserva, con le scelte fatte da Cecilia Alemani per la 59° Biennale Internazionale d’Arte in corso. La Carrington guida la parata e appare già in tutta la sua potenza dalla seconda sala dedicata al matrimonio alchemico, accostata al grande Max Ernst. Non è un caso: i due artisti vissero un’intensa e difficile storia d’amore – per approfondire si consiglia la lettura di The Surreal Life of Leonora Carrington, Virago 2019, scritto dalla cugina e giornalista Joanna Moorhead – ma qui, prima che la Seconda Guerra Mondiale sconvolgesse le loro vite, ci appaiono come la quintessenza dello spirito surrealista, lei incantatrice ne La vestizione della sposa (1939 circa) lui, personaggio sciamanico nel Ritratto di Max Ernst, realizzato da Carrington nel 1939 circa (ora in una collezione privata ).

Max Ernst, La vestizione della sposa, 1940. Collezione Guggenheim, Venezia

I due dipinti sono stati riuniti per la prima volta dopo 80 anni. I capolavori si susseguono raggruppati per temi: analogie tra uomo e natura, microcosmo e macrocosmo, la dimensione magica del femminile e la sovrapposizione tra vita animale, vegetale e umana, le forze cosmiche e la dimensione dell’invisibile con i lavori di tutti gli artisti più significativi. Oltre a Max Ernst compaiono Victor Brauner, Salvator Dalí, René Magritte, Roberto Matta, Yves Tanguy, Óscar Domínguez, Wolfang Paalen e Kurt Seligman (con una sala dedicata), artista e studioso di occultismo figura di riferimento per i surrealisti per il suo libro The Mirror of the Magic artisti, del 1948. Il prossimo ottobre la rassegna, nata in collaborazione con il Barberini Museum di Potsdam, si sposterà da Venezia alla città tedesca, questa volta a cura di Daniel Zamani.

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